risvegli dal coma

Nel 1991, mio padre ha avuto un ictus cerebrale. I medici l'avevano ricoverato a Senigallia, per poi trasferirlo subito alle Torrette per fare la TAC. Terminati i controlli, i medici hanno detto: "Qui non c'è più niente da fare. Portatelo a casa, perché qui, per noi, è morto.".
E’ stato quindi ricoverato a Senigallia, reparto neurologia. Anche qui i medici ci avevano detto di prepararci al peggio.
Ho fatto il giro di sette chiese, per chiedere la grazia a Dio. A quell'epoca io andavo ancora in mare. Mia madre restava sempre con lui e piangeva dicendo che avrebbe voluto vivesse ancora, magari sulla sedia a rotelle.

Qui dove abito, c'è una signora che era caduta all'indietro. Abita a due chilometri da qui, ha ottant'anni. Dopo la caduta, si era formato un grosso ematoma dietro la testa ed era stata operata, ma i medici avevano detto che non c’era niente da fare. La figlia, che fa l'infermiera, è venuta qui spiegandomi cosa era successo. Sono andato con lei in rianimazione in Ancona ed ho chiesto il permesso di entrare a una dottoressa, la quale mi ha dato il permesso dopo aver saputo che non le avrei dato nessun farmaco o sostanza strana.

Eravamo nel 2000 o nel 2001 e mi telefona una dottoressa che lavorava, e credo tuttora lavori, nel reparto rianimazione dell’ospedale di Torrette. Tempo addietro mi aveva portato un suo conoscente che soffriva di attacchi epilettici. Mi disse che questa persona, che io avevo conosciuto, doveva essere operata in un ospedale a Milano.
Avevo avuto una premonizione e le dissi che non andava bene, perché non avrebbe risolto il problema e che sarebbero avvenute delle complicazioni a livello terapeutico. Le dissi che si sarebbero formati due ematomi al cervelletto, per cui lui non ne sarebbe più uscito.

Un giorno ero a Loreto per lavoro. Mi è arrivata una telefonata sul cellulare: "E' lei il signor Pietro?... mio zio ha avuto tre ischemie cerebrali. E’ ricoverato a Macerata, in geriatria e stamattina il vice vescovo di Macerata gli ha dato l'estrema unzione.". L’ho raggiunta all’ospedale e sono entrato nella camera dove si trovava lo zio, un sacerdote. Lui stava sul letto, era tutto intubato e vicino c'era la nipote, una ragazza sui 25 anni. Appena sono entrato nella stanza ho chiesto alla nipote di uscire fuori, perché mi dava fastidio in quanto lei a queste cose non ci credeva.

C'era un certo Ronny di Polverigi che aveva avuto un incidente stradale. Stava alla chiusa, la macchina andava forte e in una cunetta ha cappottato. Ronny è uscito dal vetro di dietro. Lo hanno trovato a trenta metri dalla macchina. I medici avevano detto che non c'era più niente da fare. L'hanno ricoverato alle Torrette, poi l'hanno trasferito a Porto Potenza, dove i medici hanno detto che sarebbe rimasto in coma a vita, perché aveva il cervello tutto strappato. Ci sono le cartelle cliniche che parlano. Allora, non so come sia successo, il padre è riuscito a trovarmi. Si è messo in comunicazione con me e gli ho detto questo:
"Se voi mi venite a prendere e chiedete il permesso ai medici, io sono disposto a venire giù. Quando faccio queste cose, voglio i medici davanti a me, non ho niente da nascondere."